RIVIERA MAYA
Yucatan – Messico
Cosa c’è di più bello che abbandonare il freddo, la nebbia e il grigiume invernale della Pianura Padana per volare qualche giorno al caldo? Credo ben poche cose.
Così, dopo aver provato l’anno prima l’emozione del fuggire al caldo della Thailandia a dicembre, ho pensato che sarebbe stato bello ripetere l’esperienza… E la scelta è caduta, senza pensarci troppo (anzi è maturata già sul volo di ritorno da Phuket), sul Messico: un luogo perfetto per coniugare storia, monumenti e mare. La sola vita da spiaggia mi annoia, quindi un posto che potesse darmi sia la possibilità di riposarmi al sole che di passeggiare tra reperti archeologici era perfetta.
La scelta della vacanza é ricaduta quindi su quella che viene comunemente chiamata Riviera Maya e che si trova nello Yucatan e in Quintana Roo. Probabilmente una delle poche zone al mondo in grado di offrire sia l’azzurro, quasi trasparente delle acque caraibiche, al fascino delle rovine maya, una delle civiltà preispaniche più ricche di tutti i tempi. Basta ricordare infatti che i maya non erano soltanto degli abilissimi architetti, ma anche astronomi, matematici e scienziati.
Partita da Milano con volo diretto, ci sono volute 12 ore di volo con qualche turbolenza (9 al ritorno invece) per atterrare a Cancun. Da lì, sono stata portata in hotel in centro a Playa del Carmen, dove ho alloggiato per 15 giorni. Il mio consiglio, se avete voglia di visitare questa zona del Messico, è di calcolare almeno 10 o 15 giorni di vacanza. Ho incontrato persone che vi hanno trascorso solo una settimana ed è davvero poco come tempo, considerato sia che si perdono quasi due giorni di volo e che le distanze tra le diverse rovine sono molto grandi. Se si sta via poco tempo, la scelta è se fare vita da spiaggia o visitare solo i siti archeologici più famosi. Ma andando così lontano, credo sia meglio vedere più cose possibili… I 15 giorni per me sono stati perfetti, perché mi hanno dato sia l’occasione di immergermi nella storia locale che riposarmi al sole.
Per visitare le varie zone mi sono spostata con tour organizzati, autobus turistici e colectivos, i tipici mezzi di trasporto usati dai messicani. Il noleggio di un’auto mi era stato sconsigliato per via delle strade non bellissime e per la presenza delle topas, i dossi che si trovano spesso lungo le strade. Ecco, scordatevi i dossi italiani, le topas sono tutt’altra cosa: sono veramente alti e a volte pure ondulati (quasi da effetto mal di mare ) quindi se guidate e vi accorgete tardi della loro presenza, rischiate davvero di fare danni all’auto e a voi stessi.
Con i bus turistici (c’è la stazione in centro a Playa del Carmen sulla Quinta Avenida) mi sono trovata benissimo: posti assegnati, sedili puliti, comodi e spaziosi.
I colectivos, invece, sono dei furgoncini da una decina di posti che collegano le diverse località. Sono i mezzi di trasporto preferiti dai messicani perché sono economici. Partono appena raggiunta la capacità massima, quindi, se avete un orario da rispettare non sono il mezzo più indicato, ma sono certamente un’occasione per tuffarvi nella vera vita locale.
COSA VISITARE
PLAYA DEL CARMEN
Playa del Carmen è una delle città di maggior richiamo turistico della Riviera Maya. A renderla così richiesta è anche la sua posizione che permette di raggiungere abbastanza agevolmente le altre località degne di nota, come Tulum, Cobà e l’isola di Cozumel, che si può ammirare proprio dalla spiaggia.
Se pensate a spiagge dalle acque limpide e dalla sabbia bianca, Playa del Carmen non è probabilmente il posto migliore in cui trovare ciò, visto che località vicine offrono litorali migliori da questo punto di vista. Ma di sicuro se volete concedervi un po’ di relax, è la scelta giusta. Trovate un’infinità di bagni lungo la spiaggia attrezzati con ombrelloni, sdraio, servizio ristorante e wifi.
Nel corso degli anni Playa del Carmen è diventata sempre più una località di turismo di massa. Ma è divertente fare due passi la sera lungo la Quinta Avenida, la via principale della città, ricca di negozi, bar e ristoranti. A me, in particolare, che ci sono stata poco prima di Natale, ha colpito molto passeggiare in maniche corte e vedere il grosso albero di Natale allestito davanti al centro commerciale che si trova lungo la via.
Se volete una sera concedervi una cena particolare, consiglio due posti: El Fogon e La Bodeguita del Medio. El Fogon è un tipico ristorante messicano (quindi aspettatevi un posto abbastanza spartano), poco fuori dal centro della città, in cui si può mangiare la vera cucina messicana e che è frequentato anche da gente del luogo (infatti è stata una persona del posto a consigliarmelo). I prezzi sono economici e preparatevi a delle porzioni enormi…
La Modeguita del Medio è invece un ristorante cubano che si trova lungo la Quinta Avenida. Il locale non molto grande, ma è l’ideale se volete bere un mojito con in sottofondo musica cubana suonata dal vivo.
Un posto che non mi è piaciuto e in cui di sicuro non tornerei è la discoteca Coco Bongo. Lungo la Quinta Avenida troverete ragazzi vestiti da The Mask o da altri personaggi di film che vi inviteranno a passarci una serata. Dal momento che è una delle discoteche più famose del Messico e che mi era stata presentata non come una semplice discoteca, ma come uno spettacolo con ballerini, imitatori e acrobati, mi aspettavo qualcosa di meglio! Doveva essere una specie di versione ridotta degli spettacoli del Cirque du Soleil… Invece non ne ha assolutamente a che fare, è stato uno spettacolo abbastanza kitsch che non valeva i circa 50 dollari di ingresso.
TULUM
Tulum forse incarna meglio di qualsiasi altro posto quello che ci si aspetta dal Messico: rovine maya e spiagge bianchissime con acque cristalline. Non per niente è una delle principali mete turistiche. Io ci sono arrivata tramite un comodo bus turistico con partenza dal centro di Playa del Carmen con circa un’ora di viaggio.
Il sito archeologico non è particolarmente grande e offre una splendida visuale dall’alto della spiaggia circostante. Oltre ad essere affollate di turisti, le rovine sono abitate anche da due specie residenti del luogo: i coati e le iguane. I coati appartengono alla famiglia dei procionidi e mettono molta tenerezza. La tentazione di accarezzarli era molto forte, ma campeggiavano cartelli che vietavano di farlo, visto che sono animali selvatici.
Le iguane invece sono le vere padrone del sito archeologico e le si vedono aggirarsi indisturbate in mezzo ai turisti.
Secondo gli storici, nel periodo del suo massimo splendore, Tulum era un importante centro portuale. Da qui i maya seguivano le rotte commerciali lungo le coste e arrivavano fino in Belize. Quando nel 1500 i navigatori spagnoli videro la città, rimasero colpiti dagli edifici colorati con tonalità accese, come giallo, azzurro e rosso. Sulla funzione strategica della città ci sono pochi dubbi, vista sia la sua collocazione che i bastioni che circondano la cittadella e che la proteggevano nei periodi di lotta tra le varie città-stato maya. E, se ci fossero ancora dei dubbi, la città si chiama Tulum, una parola che in lingua maya significa muro.
Abbandonata circa 70 anni dopo la conquista spagnola, Tulum fu uno degli ultimi centri maya ad andare in declino. Tra le rovine spicca quella di El Castillo (il castello). Situato al centro del complesso della cittadella, è l’edificio più alto e fungeva da torre di osservazione.
Dopo un giro per le rovine, non dimenticatevi di concedervi un po’ di relax nella meravigliosa spiaggia circostante. Basta osservare i suoi colori dall’alto della cittadella per capire perché una sosta è d’obbligo!
CENOTE IK KIL – VALLADOLID – CENOTE CALA TORTUGA
I cenotes sono delle pozze calcaree e una delle principali attrazioni della penisola dello Yucatan: si stima infatti che se ne trovino oltre 7.000! Girando per lo Yucatan noterete come non si trovino fiumi visibili, ma solo sotterranei, e i cenotes erano il mezzo che avevano i maya per recuperare acqua potabile.
Non solo, avevano anche un importante significato religioso nella loro cultura: permettevano infatti di collegare il mondo dei vivi all’inframundo, il mondo sotterraneo dei morti. Erano dei luoghi spirituali, in cui a volte compivano sacrifici umani rituali entrando così, secondo le loro credenze, in contatto con gli Dei. Secondo alcune ipotesi, potrebbe proprio essere stata questa una delle ragioni della scomparsa dei Maya: si sarebbero pian piano avvelenati bevendo l’acqua dei cenotes dove lasciavano affogare le vittime sacrificali.
Esistono molte varietà di cenotes: aperti, semiaperti o in grotte sotterranee. Durante il mio viaggio ne ho visitati due: Ik Kil, semiaperto e con una pozza d’acqua profonda 50 mt, e Cala Tortuga, che ha sia un cenote aperto che uno sotterraneo.
Durante gli spostamenti per raggiungere i cenotes, ho fatto anche una piccola sosta a Valladolid, la terza città dello Yucatan, giusto il tempo di passeggiare per una festa locale in un parco del paese e ammirare la Iglesia de San Servacio.
CHICHEN ITZA
Chichén Itza è senza dubbio il sito maya più famoso al mondo. Se è stato dichiarato patrimonio dell’umanità UNESCO, basta ammirarlo da vicino per capirne il motivo… Il monumento più famoso è El Castillo (chiamato anche piramide di Kukulcàn) che è l’immagine iconica che tutti conoscono quando si parla di questo sito archeologico. Alta 30 metri, a differenza di altre piramidi, non è scalabile, a causa di un incidente avvenuto negli anni passati, che ha visto purtroppo la caduta e la morte di un turista.
Edificato intorno all’800 a.C. El Castillo non mostra solo le abilità architettoniche dei maya, ma è in realtà un enorme calendario in pietra. Ognuno dei 9 livelli di cui si compone, è diviso a sua volta in due parti dalla scalinata, creando così 18 terrazze, una per ogni mese dell’anno maya. Le quattro scalinate si compongono ciascuna di 91 gradini, che insieme alla piattaforma sulla sommità fanno un totale di 365, il numero di giorni dell’anno. Inoltre, su ogni facciata della piramide ci sono 52 pannelli, quanti sono gli anni della ruota del calendario maya.
Un’altra particolarità, che mostra le abilità astronomiche e scientifiche dei maya, è che durante gli equinozi di primavera e autunno all’alba e al tramonto, il sole crea un gioco di luci che dà l’illusione di vedere un serpente, la raffigurazione del dio Kukulcàn, scendere e salire lungo la scalinata.
Non solo, battendo le mani, quando ci si trova ai piedi della piramide, si sente un suono simile a quello del quetzal, uccello sacro ai maya. Inoltre, a dimostrazione di quanto fosse importante la religione nella loro cultura, nel 2015 i ricercatori hanno scoperto che molto probabilmente El Castillo sorge sopra un cenote profondo 20 metri.
Da ammirare anche il Tempio delle mille colonne, che si trova dietro a El Castillo. Come dice il nome, la sua caratteristica è la moltitudine di colonne che lo circondano. Sulla sua sommità si trova la statua del Chac-mool (mano rossa) luogo in cui si compivano i sacrifici.
Altro luogo molto suggestivo del sito archeologico è il campo da gioco della pelota. Quello della pelota non era un semplice passatempo, ma aveva molta importanza per i maya, basta pensare che in totale c’erano 8 campi nella città.
Ma esattamente in cosa consisteva il gioco della pelota? Sembra che nel corso del tempo il gioco abbia subito diverse varianti. Secondo alcune incisioni il gioco era simile a quello del calcio e non si poteva toccare la palla con le mani, secondo altre, invece, si usavano delle mazze.
In ogni caso si giocava in due squadre e lo scopo era uno: il capitano doveva fare canestro negli anelli appesi alle pareti. Vinceva la squadra del primo che ci riusciva.
C’è un però… come premio chi vinceva veniva sacrificato agli dei… Una cosa che a noi sembra assurda, ma che per loro rappresentava un onore. Inoltre, siccome chi giocava erano nobili, era probabilmente anche un modo per controllare la popolazione e far sì che non ci fossero troppi nobili che potessero magari dare atto a rivolte.
ISLA COZUMEL
A circa 20 km dalla costa di Playa del Carmen si trova l’isola di Cozumel. Ogni giorno e a diversi orari salpano traghetti che in circa 30 minuti portano dall’affollata Playa del Carmen alla più tranquilla Cozumel. Rappresenta quindi un’escursione che si può organizzare tranquillamente in autonomia, prenotando i posti sul traghetto anche la mattina stessa in cui si decide di partire.
Sbarcati a Cozumel, vi troverete in un’atmosfera diversa rispetto a quella delle classiche destinazioni del turismo di massa, più tranquilla e selvaggia. L’isola è famosa per i suoi siti dedicati alle immersioni e allo snorkeling.
Altra caratteristica dell’isola è che ha solo una via principale che la percorre, quindi perdersi è quasi impossibile! La strada ha due corsie, quella per le auto e scooter e quella per le biciclette. Io ho noleggiato uno scooter direttamente sull’isola e ho passato la giornata ad esplorare i vari angoli dell’isola, dalla città principale alle zone meno turistiche. Oltre ovviamente a fare un giro in spiaggia…
Sull’isola si trovano anche le rovine di San Gervasio, l’unico sito maya di Cozumel ancora ben conservato, dove sorge il santuario dedicato ad Ixchel, la dea della fertilità e importante meta di pellegrinaggio per le donne maya. Inoltre, ad una delle estremità dell’isola, a Punta Sur, si trova anche un faro. Mi sarebbe piaciuto visitarli entrambi, ma ho avuto la sfortuna che fossero chiusi il giorno in cui sono andata io…
LAS COLORADAS – RIO LAGARTOS
Quando mi sono documentata su cosa vedere durante la vacanza, una cosa mi era chiara: sarei dovuta andare a Las Coloradas! Distante circa tre ore di auto da Playa del Carmen, non si può che non rimanere colpiti dai suoi colori. Qui si trovano, infatti, delle saline le cui acque hanno un meraviglioso colore rosa, dovuto sia alla presenza dell’alga Spirulina che di alcuni microrganismi marini. Il piccolo paese è abitato principalmente dagli operai addetti all’estrazione del sale.
Poco distante, a circa 6 km, si trova il villaggio di Rio Lagartos (letteralmente, Fiume degli Alligatori) dove si trova un’importante riserva naturale, che dà rifugio a varie specie di uccelli, oltre che ai coccodrilli da cui prende il suo nome. Già, coccodrilli o alligatori? Il fraintendimento si deve agli esploratori spagnoli, che scambiarono i coccodrilli per alligatori, generando così questa confusione.
Un giro in barca tra le placide acque del fiume è il modo migliore per godersi lo spettacolo delle tante specie di uccelli che sorvolano le sue acque. E soprattutto per ammirare la più alta concentrazione di fenicotteri di tutto il Messico. Qui infatti si possono osservare i fenicotteri dei Caraibi, riconoscibili rispetto agli altri proprio perché sono più rosa, grazie alla presenza dei microrganismi di cui si cibano presenti in queste acque.
EK’ BALAM
La piramide di Ek’ Balam (giaguaro nero in lingua maya) non è famosa come Chichén Itza, ma merita una visita visto il suo buon stato di conservazione e la possibilità di arrampicarsi sulle sue rovine e di ammirare questa città maya che era una delle più potenti del suo tempo. Si stima che sia stata costruita intorno al 300 a.C. e che raggiunse il suo apice nell’VIII secolo, per poi essere abbandonata improvvisamente.
Appena si entra nel sito archeologico si nota subito una particolare struttura ad arco con una salita all’ingresso. Era la stanza dei sacerdoti, la cui pendenza per entrarvi era fatta in modo tale che per accedervi la persone erano obbligate ad inchinarsi.
Punto principale del sito archeologico è la sua imponente piramide, alta 32 metri (una delle più alte dello Yucatan) e la cui cima si raggiunge dopo aver scalato 106 ripidi scalini. Circa a metà della salita si trova una stanza finemente decorata con stucchi conservati sotto tettoie di paglia. Molti di loro sono originali e non hanno subito alcun tipo di restauro. Si pensa che la piramide fosse il mausoleo del sovrano Ukin Kan Lek Tok. Certamente non si possono non notare le grossi fauci del giaguaro, il luogo dove si compivano i sacrifici.
Arrivati in cima alla piramide, la vista è spettacolare e vi ripagherà dei gradini percorsi: si può osservare infatti tutto il verde e la bellezza della giungla circostante.
Una curiosità. All’ingresso del sito archeologico è possibile ammirare un grosso albero della Ceiba, una pianta sacra per la religione dei maya. Secondo loro, infatti, questo albero era in grado di collegare il mondo terreno all’inframundo dei morti, perché nasce dove sottoterra scorre l’acqua (cosa estremamente importante per una zona come quella dello Yucatan in cui non esistono fiumi emersi). Esistono sia il maschio che la femmina della Ceiba, sono riconoscibili in quanto la femmina è dotata di spine nel tronco.
COBÀ
Il sito archeologico di Cobà a livello di fama non compete certamente con Chichén Itza, ma merita una visita, se non altro per l’emozione di scalare la sua piramide, il Nohoch Mul (letteralmente Grande Tumulo, ma conosciuta come Grande Piramide). Con i suoi 42 mt di altezza è infatti la seconda piramide più alta dello Yucatan.
L’insediamento di Cobà raggiunse il suo momento di massima espansione tra l’800 e il 1100 d.C. ed è più antico rispetto Chichén Itza e Tulum. Tra le strutture presenti lungo il sentiero che conduce alle rovine, prima di arrivare alla Grande Piramide, anche La Iglesia (La Chiesa) merita una visita: è una maestosa piramide su cui non si può salire.
Ma come esperienza di salire in cima ad una piramide vi basterà sicuramente quella del Nohoch Mul: come dicevo prima, 42 mt di altezza e 120 ripidissimi e scivolosi scalini da letteralmente scalare, soprattutto nel tratto verso la cima della piramide dove sono particolarmente sconnessi. Ma, se non soffrite di vertigini, con un po’ attenzione e calma è sicuramente un’esperienza da provare! La vista in cima alla piramide vi permette di vedere molti chilometri di foresta circostante.
E, se siete preoccupati per la discesa, no problem! Una corda situata a metà della larghezza della piramide permette infatti di scendere agevolmente tenendosi aggrappati ad essa e scendendo i gradini da seduti in caso di bisogno.
ISLA CONTOY
La piccola isola di Contoy (larga 800 mt e lunga 8,5 km) è un vero e proprio paradiso dalle acque cristalline, raggiungibile comodamente in giornata tramite escursione organizzata. Parco naturale protetto, è abitata solo da 5 biologi e da poliziotti che presidiano il confine messicano, dal momento che è il punto più vicino a Cuba. L’isola è coperta da una ricca vegetazione, che la rende l’habitat perfetto per oltre 170 specie di uccelli e il luogo ideale per gli appassionati di birdwatching.
Proprio per tutelare l’area naturale incontaminata è ammesso solo un certo numero di visitatori al giorno. Inoltre, sull’isola è vietato l’uso di creme solari e di altri prodotti che possono alterare il suo ecosistema.
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